Per cambiare davvero, rispetta l’elefante che è in te

Introdurre un cambiamento nella vita è ciò cui molti aspirano.

Spesso tale richiesta scaturisce da una accurata disanima di tutto ciò che non sembra funzionare e che, proprio per questo, richiede di essere modificato.

Il vero problema non è desiderare il cambiamento, ma metterlo in pratica, un po’ come quando ti proponi di alzarti presto per andare a correre. All’inizio sei veramente convinto, ti attrezzi nel modo più professionale possibile (scarpe da running, tessuti tecnici, ecc.), ma poi quando la sveglia suona alle 5.45 del mattino, una parte di te – quella che chiede di rimanere al calduccio per altri cinque minuti – prende inesorabilmente il sopravvento.

Per essere effettivo, un cambiamento deve considerare che in noi agiscono due componenti, una razionale ed una emozionale e che esse devono convergere nella stessa direzione.

Dan Heath, uno studioso americano, ha paragonato il cambiamento all’opera di un fantino che cerca di far camminare un elefante lungo un determinato sentiero. L’elefante rappresenta la parte emozionale di noi, in cerca di rapide soddisfazioni piuttosto che di benefici a lungo termine. Il fantino invece rappresenta il nostro lato razionale che sa ciò che deve essere fatto e che, almeno in teoria, può esercitare un controllo su ogni altra componente dell’umano. Come terzo elemento, da non trascurare, c’è il sentiero vero e proprio lungo il quale l’elefante deve esser fatto camminare, cioè le circostanze concrete in cui il cambiamento deve essere esercitato.

Spesso si indulge nell’errore di soffermarsi a lungo nell’analizzare ogni aspetto del potenziale cambiamento di cui abbiamo bisogno, senza poi metterlo in atto. In altri termini, si sovraccarica il fantino di compiti, dimenticando di preoccuparsi dell’elefante.

In un esperimento, ad un gruppo di persone fu detto che sarebbero stati necessari 10 bollini del supermercato per ottenere un buono sconto. Il 18% di quelle persone si impegnarono a completare la propria tessera. Quando ad un secondo gruppo di persone fu spiegato che erano necessari 12 bollini per ottenere lo stesso sconto, ma che la tessera già ne includeva due gratis, allora il 34% di loro completò la tessera. In pratica, pur essendo richiesto ai due gruppi lo stesso sforzo per ottenere lo sconto, il fatto di sentire che una parte del lavoro era già stata fatta, aveva motivato il secondo gruppo in modo da raggiungere il risultato con una percentuale di successo pari quasi al doppio.

Questo esperimento ci insegna che spesso le piccole vittorie creano la speranza che un cambiamento reale sia possibile e tali vittorie sono decisive per l’elefante che è in noi. Per questo, se vogliamo introdurre un cambiamento effettivo nella nostra vita, prima di porsi l’obiettivo di scalare una montagna, è bene essere certi di essere grado di salire su una collina.

3 pensieri su “Per cambiare davvero, rispetta l’elefante che è in te

  1. Vero ed efficace negli esempi proposti. In particolare trovo interessante il paragone del fantino e dell’elefante. Il ruolo della razionalità è spesso così poco determinante… soprattutto perché l’elefante è sì la parte emozionale, ma è anche una dimensione in larga misura inconscia: è il risultato di una stratificazione di sentimenti, angosce, turbamenti, desideri… che non dominiamo. Quindi il cambiamento è davvero un movimento molto complesso. Grazie del bel post e buona giornata, Rossana Rolando.

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    1. Grazie molte del commento. Mi sembra che anche sul versante della scelta, bisognerebbe prevedere il ricorso ad una razionalità che riesce a tenere insieme le due dimensioni, l’eidetica e la fatticità. Abbiamo bisogno di una ‘ragion patica’! Buon fine settimana,
      Gianni

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