‘Fedeltà al sapore’ è una locuzione che probabilmente rinvierebbe in prima istanza ad una qualche specifica vocazione culinaria, piuttosto di moda di questi tempi. In realtà, in un celebre discorso al Collège de France, Roland Barthes si riferiva proprio al sapore come sinonimo più significativo della saggezza, quel sapersi orientare tra valori, a volte contrastanti, per conseguire il senso, senza il quale ogni esistenza appare insipida. La fedeltà al sapore, nel senso barthesiano, rappresenta un’interessante chiave ermeneutica per interpretare il film di John Turturro “Gigolò per caso” in cui un libraio, Murray (Woody Allen), convince il suo amico Fioravanti (John Turturro) a diventare un gigolò.
In corrispondenza dei tre principali protagonisti, la pellicola propone altrettanti modelli di condotta. Il primo modello è incarnato proprio da Murray per il quale non sembrano esistere limiti all’azione che un uomo possa compiere. Il suo imperativo di riferimento potrebbe essere “tutto è possibile, basta volerlo”. Se le condizioni lo richiedono, rientra nell’ordine naturale delle cose proporre ad un amico di diventare un gigolò, dividendosi equamente i compensi. La trovata fa sorridere, ma lascia anche riflettere. “Dov’è il problema?”, direbbe Murray. Una scelta, compiuta da adulti consenzienti, non ha altra norma che se stessa.
Il secondo modello è offerto da Avigal (Vanessa Paradis), nel ruolo di una vedova alle prese con una gestione del lutto conforme ai rigidi dettami della comunità ebraica ortodossa. Per la donna è solo all’interno di quel legame comunitario che il senso può essere cercato, anche a costo di privarsi di ciò che, collocandosi al di là della comunità, sembra vitale ed irrinunciabile. Insomma, «Nulla salus, extra ecclesiam». Il suo imperativo di condotta potrebbe essere “il senso, nell’appartenenza”.
Infine, il personaggio di Fioravanti che, indotto dalle necessità, accetta la proposta di Murray e, progressivamente, sembra riconoscersi in essa. Ad un certo punto, però, Fioravanti diventa testimone dell’esistenza di un valore – il suo amore per Avigal – di un ordine tale da scardinare ogni fragile equilibrio precedentemente raggiunto. È in nome di questo valore che l’uomo sarà pronto a cambiare vita. L’imperativo di Fioravanti potrebbe essere “Non tutto ha lo stesso valore. Non tutto è possibile”.
Nel finale, “Gigolò per caso” suggerisce anche un’ulteriore prospettiva, riassumibile nella domanda: quanto si può essere fedeli ad una scelta, anche la più decisiva che un uomo possa compiere? Lo sguardo enigmatico di Fioravanti nell’ultimo fotogramma del film allude alla vertigine dell’incertezza dello scegliere anche quando tutto sembra ormai definito.