Secondo Martini, si danno almeno tre forme specifiche di malintesi nell’intendere la Parola, ad opera di “coloro che sono molto vicini a Gesù e ne ascoltano il discorso di rivelazione”. Tommaso, Filippo e Giuda (Taddeo) incarnano tali difformità. Oggi riporto il primo genere di malinteso, ascrivibile a Tommaso.
«Se vado, vi preparo il posto. Tornerò di nuovo, vi prenderò con me, perché dove io sono anche voi siate, e dove vado, voi sapete la strada”. Dice a lui Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai: come possiamo sapere la strada?”. Gli dice Gesù: “Io sono strada, verità, vita”. Nessuno viene al Padre se non per me. Se conoscete me, avete conosciuto anche il Padre”» (14, 3-7). Che cosa leggo in questo atteggiamento di Tommaso? Mi pare di leggere la fatica che facciamo per raggiungere quella sintesi cristologica a cui Giovanni ci invita. Noi siamo ancora dispersi nelle pratiche, negli strumenti, nei mezzi e vogliamo sapere cosa dobbiamo fare, qual è la via, che libro leggere ecc., mentre invece Gesù dice: «Sono io via, verità, vita». Non si tratta di rinunciare tout court alle pratiche, ai libri e ai mezzi ma, a un certo punto, è Gesù che deve farci capire il senso di tutti questi segni, pratiche, libri, mezzi, considerazioni, aiuti: tutto si deve unificare nella sua persona, che ci viene continuamente incontro. […]. Senza questo approdo saremo sempre alla ricerca di nuove forme, nuovi mezzi per rinnovare la comunità, rinnovare la Compagnia, dimenticando che Gesù e via, verità e vita, cioè univa fonte di rinnovamento, non immediatamente disponibile nelle nostre mani, ma alla cui azione è necessario che ci apriamo. Facciamo, insomma, mille cose marginali dimenticando l’essenziale.
C. M. Martini, Gli Esercizi ignaziani alla luce del Vangelo di Giovanni in Le ragioni del credere, Mondadori, Milano 2011, pp. 462-63.