Il primo dibattito politico che si ricordi, quello che nel 1960 oppose Richard Nixon a John F. Kennedy, viene oggi ricordato per l’impatto esercitato dal linguaggio del corpo dei due uomini politici. Nixon continuava ad agitarsi e sudava, mentre Kennedy era calmo e dunque trasmetteva un senso di sicurezza.
Ha dell’incredibile, a pensarci, ma il nostro corpo comunica prima delle nostre parole. Parte da questa presa d’atto una vera e propria disciplina che intende non solo trasmettere la consapevolezza dell’importanza del linguaggio del corpo, ma anche fornire qualche suggerimento per non farsi trovare completamente impreparati sul tema.
In genere, questo genere di argomenti è in grado di dividere in due la platea: da un lato, gli entusiasti, pronti a tuffarsi nello studio di queste tecniche; dall’altro, gli scettici, che guardano con aria di sufficienza non solo le tecniche ma anche gli entusiasti (e chi parla degli uni e degli altri).
Per quanto possa sembrare strano, hanno ragione entrambi. Hanno ragione gli entusiasti, perché sono i primi a prendere atto della diffusione di tali pratiche, rispetto alle quali farsi trovare sguarniti equivale alla orgogliosa dichiarazione di essere desueti. Hanno ragione gli scettici, perché l’umano difficilmente può essere ridotto ad una serie di sequenze di gesta.
Che fare, allora? È semplice: qualsiasi sia la nostra posizione, a favore o contro, non possiamo impedire che la lettura dei gesti sia usata nei nostri confronti. Per esempio, se vado ad un colloquio di lavoro, e nel rispondere ad una domanda sulle mie pregresse esperienze, le mie pupille si muovono a destra, è probabile che il recruiter di fronte a me interpreterà il linguaggio del mio corpo (nella fattispecie dei miei occhi) come un tentativo di inventare una balla. Una delle regole della PNL, infatti, è che i movimenti oculari abbiamo un significato. Secondo la programmazione neuro linguistica, guardare a destra significa, né più né meno, che il soggetto sta inventando qualcosa. Nel nostro esempio, inventare non è compatibile con il ricordare le pregresse esperienze. In questo caso, dunque, sto per essere “sgamato”: non avevo alcuna pregressa esperienza in quel determinato settore e stavo semplicemente cercando di inventare una risposta plausibile.
Possono esserci milioni di esempi di questo tipo, ma la sostanza non cambia. Siccome non possiamo evitare che qualcuno interpreti i nostri comportamenti secondo il linguaggio del corpo, rimanere digiuni di tale linguaggio equivale a condannarsi alla insignificanza. Ne vale la pena o è il caso di acquisire qualche nozione base? Non c’è bisogno di essere candidati alla Presidenza degli Stati Uniti per fare il primo passo in questa direzione.
One last thing: non si dovrebbe trascurare che il linguaggio del corpo differisce tra uomo e donna. Uno studio ha mostrato che quando una nuova persona entra in una stanza gli uomini nella stessa stanza cercano istintivamente una via di fuga. Le donna, invece, tendono a guardare a lungo il viso della nuova persona per stabilire se si tratti di una minaccia o meno. Questa semplice differenza investe il linguaggio del corpo. Le donne stabiliscono un contatto oculare più degli uomini e sono generalmente più abili a leggere il linguaggio del corpo. Gli uomini, invece, preferiscono dare un’immagine di forza ed autorità. Il linguaggio del corpo di un uomo è più diretto e meno aperto verso le emozioni.

Quanta consapevolezza abbiamo del linguaggio del corpo?
Quanto siamo in grado di “leggere” il pensiero altrui in base al linguaggio del corpo dei nostri interlocutori?
Quale gesto è in grado di enfatizzare un pensiero che stiamo per esprimere?
Insomma, aveva probabilmente ragione Alexander Lowen “Non esistono parole più chiare del linguaggio del corpo, una volta che si è imparato a leggerlo”.
grazie dell’articolo. grazie anche perché per me è una conferma. il 2 marzo ho comprato “La spiritualità del corpo” Alexander Lowen. sto ancora leggendo ma ho già acquistato, il 26 aprile, “Il linguaggio del corpo”. e ne sono contenta. che bravo Kennedy!
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