Vi ricordate il grido “Wilma dammi la clava!”, pronunciato da Fred Flinstone, protagonista di una nota serie di cartoni animati di Hanna-Barbera, molto in voga qualche anno fa?
Bene, farsi giustizia sommaria non era soltanto una caratteristica di quel personaggio.
In realtà, un meccanismo analogo si attiva dentro di noi quando ci troviamo in una situazione conflittuale.
È come se in ognuno di noi abitasse un minuscolo homo identicus, simile a Fred Flinstone e pronto ad impugnare una clava per colpire l’altro, non appena le condizioni lo richiedano. L’homo identicus si attiva istintivamente quando abbiamo la sensazione che la nostra identità sia in pericolo.
Spesso, nei conflitti, la soluzione va ricercata non dalle parti degli argomenti, come molti di noi fanno, ma agendo sull’identità. Prima di vedere concretamente come, proviamo a capire se l’identità è veramente così importante.
Qualche anno fa, Daniel Shapiro, uno studioso di Harvard, condusse un importante esperimento. I 45 partecipanti all’esperimento furono divisi a caso in sei gruppi. Ad ogni gruppo furono poste una serie di domande e fu dato un tempo congruo per rispondere.
Dopo 50 minuti di discussione, ai sei gruppi fu chiesto di scegliere di farsi rappresentare da uno soltanto degli altri gruppi. Nella simulazione dell’esperimento, fu spiegato che se non fossero stati in grado di giungere ad una scelta condivisa, il pianeta Terra sarebbe stato distrutto. Si trattava di una eventualità catastrofica che avrebbe dovuto spingere tutti i partecipanti a cercare un accordo ragionevole.
Bene, sapete immaginare come si concluse l’esperimento? Un accordo fu impossibile: i partecipanti si erano lasciati così permeare dalle nuove identità da preferire di distruggere il pianeta piuttosto che farsi rappresentare dai membri di un altro gruppo.
Capito l’antifona? L’identità è una sorta di forza di gravità che ci tiene incollati a quanto di più intimo siamo. Questo è un bene. Tuttavia, senza una chiara consapevolezza di questo collante, la stessa identità può diventare un ostacolo nel raggiungimento di obiettivi più grandi ed importanti, soprattutto quando si tratta di stabilire un ponte tra noi e gli altri.
Nell’esperimento di Shapiro, l’auspicata cooperazione si tramuta in ostilità quando i partecipanti all’esperimento si rendono conto di essere stati rifiutati dagli altri. Il rifiuto: è quello il momento in cui invece di erigere ponti, si ergono muri. Allo stesso modo, in circostanze simili, di fronte ad un rifiuto ricevuto o ad una incomprensione grave, dentro ognuno di noi si attiva l’homo identicus. Occorre trovare la forza interiore per sotterrare la clava invece di brandirla. Attenzione: non è solo questione di buoni auspici o di belle parole.
Prendiamo l’esempio di Paolo e Francesca, una giovane coppia a passeggio di fronte alle vetrine dei negozi illuminati per le festività natalizie. Francesca vede un copriletto che le sembra interessante, ma a Paolo quel copriletto proprio non piace. Iniziano così a discutere, provando a convincersi vicendevolmente. In men che non si dica, si trovano a litigare sui motivi per cui si sono sposati! Poi, come d’incanto, si accorgono che stanno discutendo da venti minuti. Il tempo è volato. Paolo e Francesca sono stati assorbiti dalla vertigine del conflitto al punto che hanno perso il senso del tempo.
Sotterrare l’ascia dell’homo identicus implica diventare consapevoli di queste dinamiche ed evitare che prendano il sopravvento su di noi.
In alcuni casi, quando ci troviamo in simili occasioni, può essere utile il “metodo SAS” (separare, assimilare, sintetizzare).
In ufficio, Romeo e Giulietto hanno ricevuto l’incarico di preparare la presentazione che il direttore della loro filiale dovrà esporre di fronte al board nazionale. In fase di preparazione della presentazione, però, sorgono contrasti insanabili. Romeo vorrebbe una presentazione essenziale e snella, incentrata su alcune keywords. Giulietto, invece, vorrebbe inserire i dati dei successi conseguiti nell’ultimo semestre. Ogni discussione porta ad un nulla di fatto. A quel punto, Romeo e Giulietto decidono di applicare al loro conflitto il metodo SAS. Hanno dunque tre possibilità.
In primo luogo, possono separare le identità. Concretamente, questo approccio significa che possono realizzare due presentazioni separate da sottoporre al direttore, ammettendo la inconciliabilità delle rispettive posizioni.
In secondo luogo, possono assimilare le identità. Concretamente, questo approccio parte dal riconoscimento che l’ammissione della inconciliabilità delle rispettive posizioni corrisponde di fatto ad una sconfitta. Proprio per questo, è necessario un piccolo sforzo per venirsi incontro. Romeo e Giulietto decidono insieme di inserire una slide, preparata dall’altro, all’interno di ciascuna presentazione. Alla fine, consegneranno al direttore due presentazioni distinte, seppur con qualche livello di integrazione.
In terzo luogo, possono sintetizzare, cioè fare in modo che entrambe le identità possano coesistere. A questo risultato, Romeo e Giulietto arrivano dopo aver interiorizzato che solo dal dialogo effettivo potrà nascere una presentazione di successo, indipendentemente dai suoi contenuti.
Separare, assimilare, sintetizzare: i tre momenti del metodo SAS, a disposizione di tutti noi.
Ricordate: in un conflitto, la cosa importante è evitare che l’homo identicus, che abita dentro di noi, trasformi l’altro in un nemico.