
“Cercando di sembrare ciò che non siamo, cessiamo di essere quel che siamo”. È una frase di Ernst Jünger in cui si sottolinea il ruolo dell’autenticità.
È vero che, anche se in modo pressoché inconsapevole, si può vivere secondo regole di vita fissate da altri.
Lavoriamo sodo sul posto di lavoro, perché la società si aspetta che noi lo facciamo; non dedichiamo troppo tempo al divertimento, perché pensiamo che la gente ci giudicherebbe frivoli, ecc.
Il risultato è che finiamo con l’essere ansiosi e col condurre vite che non ci soddisfano pienamente.
Fondamentalmente in ognuno c’è una tendenza a condurre una vita autentica, libera dai condizionamenti. Perché, allora, conseguire una vita autentica non è immediato?
Una serie di fattori può essere d’ostacolo: la mancanza di autostima, per esempio o il conformismo, la pressione ad agire secondo regole fissate non da noi e/o solo parzialmente condivise.
L’autenticità non è una qualità che si ha o non si ha. È, piuttosto, una scelta che riflette il modo in cui vogliamo vivere. È la decisione quotidiana di essere onesti con noi stessi, di abbracciare la propria vulnerabilità e di non preoccuparsi troppo di ciò che pensano gli altri. Siccome essere autentici è una scelta, attuabile più o meno, non bisognerebbe sentirsi in colpa se alcuni giorni avvertiamo la stanchezza del cammino che abbiamo davanti.
In effetti, un nemico dell’autenticità è il perfezionismo. In breve, si tratta della credenza che, se noi sembriamo perfetti e viviamo perfettamente, allora saremo in grado di proteggere noi stessi dalle critiche, dai giudizi degli altri o anche dalla vergogna. Ciò che è sbagliato non è il tentativo di migliorarsi, ma piuttosto di conformarsi agli altri. Dal punto di vista emotivo, tale atteggiamento è tossico, perché fa dipendere la considerazione che abbiamo di noi dall’approvazione o dal rifiuto degli altri.
La mente del perfezionista non riconosce queste trappole. Succede così che ogni volta che inevitabilmente si fallisce ad ottenere la perfezione, il perfezionista condanna se stesso per la sua incapacità e si impone di fare meglio, sempre meglio, indipendentemente se questo sia effettivamente possibile.
Sottrarsi a queste trappole comporta di non lasciare che l’opinione degli altri sia la nostra motivazione. Soprattutto, qualsiasi cosa derivi dalle nostre azioni, che sia successo o fallimento, essi non riguardano in alcun modo la nostra individualità essenziale, ciò che di più intimo siamo.
Breve lezione di Gianni Vattimo sull’etica dell’autenticità
Riconoscere questo percorso, per qualcuno forse è naturale, per molti una faticosa conquista, mai definitiva, alla quale si arriva magari perché qualcuno ha illuminato un po’ la via.Quando si apre l’orizzonte, però, del non far più coincidere le aspettative (o le presunte aspettative), degli altri, con le proprie aspirazioni vere, il panorama cambia totalmente: sembra di cominciare a vivere davvero.
Grazie per questi contributi al cammino.
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Grazie, Gabriella, per le Tue parole e la testimonianza.
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Gabriella sembra di cominciare a vivere davvero sì ma è come aprire la gabbia ad un uccello che ha perso la capacità di volare o se va meglio ti prende come uno stordimento e non sai se sei “giusta” ti chiedi ma io ho il permesso di vivere di esistere? suppongo che non ritroverò questa pagina non so come ci sono arrivata.
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Ciao Roberta (anche per me questi percorsi “lettura-commento” sono un’avventura ;)), capisco bene cosa intendi, e penso questo: l’emancipazione dal desiderio di accettazione sociale / omologazione, un prezzo ce l’ha, ed è il doloroso senso di solitudine che spesso si può provare.Ma è anche vero che, se poi si riesce a condividere con qualcuno un pensiero, un’emozione, un ideale, o anche l’operato, in modo vero e profondo, tanto maggiore è la gioia provata.(grazie al gentile ospite di questo scambio, Prof. Scarafile)
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ciao Gabriella! e GRAZIE delle tue parole. sì è come scrivi tu…impossibile omologazione per me anche se volessi. sì condividere un pensiero emozione in modo vero profondo. è quel che sento. è quel che sento adesso che ti scrivo (mi troverai?) ho letto questo meraviglioso articolo e mi edifica in senso ampio pieno. così anche articoli qui sopra e sotto sino all’ultimo. uno più bello (profondo vero) dell’altro e sì certo -anch’io la ringrazio Prof. Scarafile. la sua penna il fluire del suo scrivere è irresistibile. grazie anche per la scelta raffinata dei temi e autori di riferimento. Gabriella- ma come sono finita qui? spero di ritrovarti
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Ciao Roberta
(e scusi, prof. Scarafile, temo davvero di abusare della sua ospitalità: se cancellerà questo commento, capirò), se vuoi e puoi, io da poco sono su twitter: https://twitter.com/gabriellaf_d
Grazie a te, un caro saluto
Gabriella
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Cara Gabriella, ogni commento è benvenuto! Buona giornata
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