Vivere in due, oscillando nelle proprie differenze

Tra le navate buie della basilica di Notre Dame, di fronte all’ennesimo gesto di stizza della moglie che rifiuta di farsi abbracciare, Nick, il marito, chiede estenuato: “Perché non ti lasci mai toccare?”. La risposta della moglie, Meg, è fulminante: “Non è amore. È come essere arrestati”. Meg (Lindsay Duncan) e Nick (Jim Broadbent), interpreti del film “Le week end” del regista Roger Michell sono una coppia sessantenne di docenti inglesi che, per celebrare i trent’anni di matrimonio, decidono di regalarsi un fine settimana a Parigi dove trascorsero la loro luna di miele. Il regista li segue mentre perlustrano ristoranti, librerie e mercatini. Ogni luogo è tale da riportare a galla momenti della memoria condivisa che, tuttavia, prontamente si convertono in interminabili motivi di discussione. Un conflitto latente, sopito ma costante, lentamente viene ad abitare le forme di una convivenza già faticosa.

Con “Le week end”, lo scrittore Hanif Kureishi ed il regista Roger Michell tornano a lavorare insieme dopo il successo del film “The Mother”, vincitore nel 2003 della Palma d’Oro a Cannes.

Anche in questo ultimo film, si tratta di trasporre in immagini l’intimità tra due persone anziane. Non tanto una intimità fisica, come era in “The Mother”, quanto quella zona interstiziale che segna il confine tra due esseri che cercano di incontrarsi, nonostante le naturali differenze e le delusioni che una vita vissuta fianco a fianco può consegnare. Il ritmo narrativo del film è piuttosto vivace e cede il passo soltanto in occasione dei lunghi momenti che introducono la cena a casa di Morgan (Jeff Goldblum), amico di Nick, incontrato per caso a Parigi. “Le week end” è un film sulla mancanza di sincronia nei rapporti di coppia. Se il marito si aspetta di trovare nella moglie la disponibilità all’ascolto, troverà piuttosto chiusura, salvo poi essere accusato di non confidarsi mai. Se la moglie si aspetta di trovare nel marito audacia, troverà piuttosto pigrizia, salvo poi essere accusata di essere distaccata e fredda. È su questo genere di dinamica che il film si concentra.

“Le week end” – la cui visione andrebbe prescritta nei corsi prematrimoniali – è occasione per interrogarsi sulla desiderabilità di un rapporto di coppia principalmente basato sull’esperienza del contrasto e sulla asimmetria (Nick è chiaramente succube della moglie al punto da ritenere normale implorarne i favori sessuali). Come nella Madison Dance di Michel Legrand che i protagonisti ballano alla fine del film, chiaro omaggio a Godard che l’aveva inserita nel film “Bande à part” del 1964, i due coniugi procedono nella vita secondo geometrie variabili, con lo stesso andamento con cui i loro passi, nella danza, sono incerti, mai uguali ed in sincronia l’uno con l’altro. Probabilmente quel ballo è la migliore metafora delle dinamiche di un rapporto di coppia dove ciò che vale non è la coincidenza, ma la distanza sempre oscillante delle proprie differenze.

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