Forse alcuni sono sulla strada sbagliata. Se ne accorgeranno. Io non mi preoccupo di nessuno, purché siano in cammino. Ma cosa accade agli altri? Quelli che sono affascinati dal benessere? Che dipendono dai computer? Che ne è di coloro che si annoiano? Alcuni finiscono per ricorrere alle droghe o stare seduti in solitudine davanti al televisore.
Vi sono giovani che non sono mai stati chiamati a collaborare in una comunità o a un grande impegno. Potrebbero pensare di essere inutili, di non contare. Apprendendo dal giornale o dalla televisione le catastrofi che si verificano nel mondo, si deprimeranno, perché non hanno sviluppato alcuna forza spirituale, sono privi di “muscoli”. E per muscoli intendo la consapevolezza che possono aiutare a salvare una vita, rendere felici delle persone, vale a dire sapere che “dipende da me”.
Prima o poi ogni giovane si trova a dover affrontare una situazione difficile di fronte ad un compito che gli richiede molte energie. Ne avrà la forza? Dove si svolge oggi la formazione e la preparazione per lottare contro quello che la Bibbia definisce peccato? Essa non intende con questo innanzitutto le nostre debolezze personali, bensì le ingiustizie e miserie del mondo, contro le quali dobbiamo combattere. Gesù vuole liberare gli uomini da questa sofferenza, che viene definita peccato perché non è voluta da Dio. Perciò ha interceduto e ha dato la vita.
Carlo Maria Martini, Conversazioni notturne a Gerusalemme
Su finale direi che i nessi logici diventano ‘accessori’, ma parliamo di religione, quindi è normale.
L’affermazione di partenza invece è interessante, così come pure la riflessione centrale, sulla necessità di mettere a frutto le proprie potenzialità agendo nel mondo (‘come’ è questione di dibattito, ma sulla necessità di farlo no, non credo ci sia nulla da discutere).
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Grazie per il commento. Ho qualche difficoltà a dar credito al fatto che uno scritto di Martini possa avere una qualche debolezza a livello logico. Ammesso che esista, andrebbe probabilmente imputata alla estrapolazione dal libro da cui è tratta. Non credo, infine, che la religione possa essere intesa come un regno in cui il mancato accordo con la ragione sia da ritenersi normale.
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