L’istituzione della Giornata dei Giusti porta con sé un’opportunità ed un rischio. Il rischio è che la stessa istituzionalizzazione induca a credere che il compito di esercitare la giustizia, intesa in senso lato, sia compito esclusivo di una speciale categoria, i Giusti, esonerando i molti perfino dal porsi il problema della sua esistenza, secondo il modello dei «professionisti della solidarietà» di cui parlava Gaber ne La razza in estinzione.
L’opportunità è, invece, legata al rinnovato convincimento che l’opzione a favore del bene non solo sia un compito da cui nessuno è escluso, ma che essa diventi concreta nella misura in cui siamo in grado di esercitare una continua vigilanza prima di tutto nei confronti delle nostre azioni. Il male, infatti, sa essere subdolo, perfino accattivante e può insinuarsi nei reconditi recessi della coscienza più salda.
La vigilanza non ha bisogno di essere eclatante e non richiede alcuna visibilità per esercitarsi. I Giusti che, secondo la Bibbia reggono le sorti del mondo, sono coerenti con la loro vocazione perché, senza clamore alcuno, agiscono responsabilmente nelle pieghe della storia.
Oggi più che mai, nessuno può dirsi immune né dai rischi né dalle opportunità richiamati.
Per questo, è necessario essere vigili: non si cambia il mondo, infatti, se non si cambia, costantemente, se stessi.